MyPugliaStory una Puglia raccontata attraverso i miei occhi
Che il countdown abbia inizio: meno 3, meno 2, meno 1, via si parte!
Dopo mesi di lavoro finalmente si parte con il progetto MyPugliaStory e questa volta, tenendo da parte pc, penne e raccoglitori ma mettendo in pratica tutto quello che avevamo messo su carta,
ovvero un viaggio raccontato attraverso i luoghi, le persone, i profumi e le tradizioni.
Come da copione il nostro viaggio inizia da Bari e si conclude con un aperitivo sul roof del Patria Palace Hotel di Lecce, una delle terrazze più belle della città, con vista su Santa Croce ma mettetevi comodi perché il viaggio è lungo e io voglio raccontarvi davvero tutto.
Il tour inizia da Bari, la città in cui sono nata e cresciuta e che, nonostante tutto, mi sorprende ogni volta che cammino per le sue strade. Alzo gli occhi e scopro intorno realtà, scorci, e momenti ancora tutti da vivere.
Il molo di Sant’Antonio meglio conosciuto come “Chiringuito” (ma questo è solo il nome del locale) è il luogo simbolo della città di Bari da cui partiamo. Qui siamo accolte da pescatori appena scesi dalle loro barchette in legno, tutte colorate che vendono ricci e “frutta” di mare appena pescati.
Di fronte a noi il Teatro Margherita, una nota di colore caldo che spezza il blu del mare e l’azzurro del cielo.
Dopo la degustazione eccoci al Castello Svevo, l’imponente fortezza, simbolo della città che si erge alle porte del borgo antico, proprio di fianco all’arco basso.
Tavolieri, sedie in legno, profumo di pasta fresca e di taralli; ci avviciniamo a queste porticine ed ecco che le signore sono pronte a mettersi in mostra con le loro realizzazioni.
Ma sapete quanti formati di orecchiette ci sono?
Dalle più piccole alle “orecchiun” ovvero le più grandi purché non siano con il “disct in cul” perché così le fanno in tutta la Puglia ma a Bari no, le nostre si fanno trascinando il coltello sul tagliere in legno e dando la forma di un bottone che per non so quale “magia” si solleva al centro assumendo la forma della classica orecchietta che vedete qui in foto famosa anche col nome di “Strascinàte”.
Archi, travi, balconi e panni stesi, una città che alle 2 del pomeriggio ci regala emozioni di gusto, il profumo del ragu’ mescolato al profumo di olio caldo, forse c’è qualcuno che inizia a preparare sgagliozze e le popizze.
Ad invadere gli stretti vicoli anche i profumi del pane e della focaccia appena sfornata. Per poter godere appieno delle sue bontà, eccoci qui al Panificio Santa Rita dove Giuseppe e Rosa, i padroni di casa, ci ospitano con una cortesia che li contraddistingue. Un’attività che si tramanda da ben sette generazioni in cui si sforna pane e focaccia barese e non pugliese, differente per altezza e per i suoi ingredienti.
Giuseppe ci racconta dell’amore verso il suo lavoro, della sua vita trascorsa all’interno di quel panificio e di come negli anni gli ingredienti e la preparazione della ricetta siano rimasti esattamente come quando era il suo stesso papà a realizzare la focaccia.
Farina, lievito, olio, pomodori e olive, pochi ingredienti ma di qualità, un dettaglio che caratterizza la sua ottimale riuscita che l’ha resa celebre in tutto il mondo.
Giuseppe ci racconta dell’amore verso il suo lavoro, della sua vita trascorsa all’interno di quel panificio e di come negli anni gli ingredienti e la preparazione della ricetta siano rimasti esattamente come quando era il suo stesso papà a realizzare la focaccia.
Farina, lievito, olio, pomodori e olive, pochi ingredienti ma di qualità, un dettaglio che caratterizza la sua ottimale riuscita che l’ha resa celebre in tutto il mondo.
Attendiamo il tramonto sulla muraglia e ci prepariamo per la cena.
Terranima un ristorante storico che predilige materie prime legate al territorio, ci ospita nella sua corte del ‘900 dove sentiamo subito il profumo di casa, di vita pugliese dove il tempo sembra essersi fermato. La sua cucina è tipicamente pugliese, orecchiette con cime di rapa, tiella barese di patate riso e cozze e tanto altro per finire ai classici sporca muss.
GIOVINAZZO – MONTEGROSSO – TRANI (2° GIORNO)
Ad attenderci a Giovinazzo la local Eleonora Bufo.
Giovinazzo, a pochi km da Bari, è un piccolo borgo medioevale che si affaccia sul mare.
Iniziamo la visita con un giro al Porto Vecchio, porticciolo che è la perla della cittadina che si affaccia sul centro storico e ci spostiamo verso l’imponente Duomo. La Concattedrale di Santa Maria Assunta si erge sul mare dal XII secolo, nata sulle macerie di un antico edificio. La chiesa romanica è stata ristrutturata lasciando spazio agli interni in stile barocco. A testimonianza dello stile romanico restano solo il retro, due torri campanarie e una parte della cripta.
Un luogo tranquillo ma al tempo stesso ricco di incantevoli scorci.
Pronti per ripartire, questa volta siamo diretti a Montegrosso dallo chef Pietro Zito che non solo ci ospiterà per pranzo ma ci regalerà una simpatica esperienza all’interno del suo orto! “Dite che finirò a raccogliere cicorie? Pietro ci accoglie con estrema cortesia e ci accompagna durante il giro nell’orto per poi farci degustare la sua cucina, quella pugliese fatta di ingredienti semplici e genuini, appena raccolti. Fave, pecorino, cicorie selvatiche, verdure ed erbe spontanee che insieme all’ olio di oliva impreziosiscono i suoi piatti.
Ci spostiamo a Trani in compagnia della Local Expert Claudia Nicolamarino.
Trascorriamo il pomeriggio in uno dei luoghi simbolo di questa bellissima città di mare, visitando il noto quartiere ebraico. La Giudecca a Trani sorge nella parte più alta della città antica vicino al porto e alla cattedrale. Delle quattro sinagoghe originali, si conservano oggi solo due, trasformate col tempo in chiese.
Ci dirigiamo verso un altro simbolo della città, espressione più alta dello stile romanico pugliese, la Cattedrale dedicata a S. Nicola Pellegrino. Si erge nella sua maestosità ed imponenza verso il cielo, facendola da padrona su un paesaggio mozzafiato circondato dal mare che si offre nel suo essere immenso. Nella zona del porto vecchio, di fronte alla darsena, ammiriamo invece la misteriosa Chiesa di Ognissanti che la tradizione collega ai Cavalieri dell’Ordine dei Templari. Si tratta dell’unico luogo sacro a vantare un bellissimo portico romanico.
A lasciarci ancora una volta senza parole è la bellezza del mare che, questa volta, fa da splendida cornice ai giardini pensili della villa comunale. Si tratta di un rarissimo esempio di giardini che si affacciano sul mare in Puglia.
Subito dopo il campanile della cattedrale si impone per altezza la Torre che sorge accanto alla chiesa di San Donato su cui spiccava un orologio pubblico ritenuto tra i più rari durante il Regno di Napoli.
Dopo tanta bellezza e storia ci attende la cena presso Corteinfiore, un ristorante a due passi dal porto turistico di Trani situato nel cuore del palazzo Pignatelli-Filangeri, risalente ai primi del Cinquecento. Una cucina semplice e raffinata che ha come protagonista indiscusso il pesce per il quale i pugliesi nutrono una particolare passione. Cozze, ostriche, gamberi e noci di mare, crudi e cotti rigorosamente preparati con attenzione e creatività.
POLIGNANO – MONOPOLI – LOCOROTONDO (3° giorno)
Ad accompagnarci oggi nel nostro tour è il local Candido Marinelli. Siamo nell’affascinante Polignano, il famoso borgo marino arroccato su una scogliera che ha dato i natali al cantautore Domenico Modugno e nota per essere teatro di una delle più famose gare di Cliff Diving del mondo.
Forse non tutti sanno che dal 1952 a Polignano è iniziata la ricerca di un tesoro, non ancora terminata. Una credenza che si era ben radicata nella popolazione della cittadina tanto da essere appoggiata da operai incaricati dal comune di scavare, mettendo così a rischio il precario equilibrio delle case sugli scogli. Cosa cercavano, vi starete domandando. Le ricerche erano indirizzate alla “scrofa con i sette porcellini d’oro” che secondo il delirante sogno di un signore sarebbe stata nascosta per anni in una grotta della Lama Monachile.
Proprio su questa lama si erge maestoso, con i suoi 15 metri di altezza, il Ponte di epoca borbonica da cui è possibile scorgere lo scorcio più conosciuto di Polignano. Questo ponte rappresenta il simbolo dei traffici mercantili, un tempo fiorenti nel piccolo fiordo di Polignano, utilizzato da secoli ma soprattutto durante la lunga dominazione veneziana, per lo scambio delle merci fra le due sponde dell’Adriatico. Avventurandoci sulla ripida scalinata che parte proprio dal ponte arriviamo su un altro ponticello, più corto e basso che risale al II secolo d.C. e che fa parte della via Traiana che collegava Brindisi a Benevento.
Ci spostiamo nel laboratorio di Peppino Campanella meglio noto come “mago del riciclo”. Architetto, artigiano e artista che realizzò il suo primo oggetto per un uomo che faceva il bagno d’inverno al mare e a cui ha dedicato un cestino di vetri. Successivamente arredò la libreria di una sua amica a Cisternino per poi passare più di vent’anni dedicandosi all’estremizzazione dell’arte dell’arrangiarsi. I suoi lavori sono arrivati anche a Parigi e sono nelle case di tantissimi pugliesi e turisti provenienti da tutto il mondo oltre che in famosi negozi realizzati da un architetto americano.
Attraversiamo l’Arco Marchesale (o Porta Grande) che fu creato durante le ristrutturazioni della cinta muraria, intorno all’anno 1530 per essere sino al 1780 l’unica via di accesso al borgo antico. Dopo poco giungiamo a Piazza dell’orologio, con l’orologio caricato a mano, come una volta, e la chiesa di santa Maria Assunta meglio nota come chiesa matrice misto di barocco e rinascimento. Centro del paese vecchio, è da questa piccola piazzetta che si dipanano i caratteristici vicoli, alcuni dei quali sboccano sulle famose e affascinanti balconate protese sul mare.
E proseguendo sempre sul mare a metà strada tra la città e la spiaggia ecco la trattoria “Del Procaccia” un locale a conduzione familiare dove abbiamo assaporato i piatti tipici della tradizione pugliese, abbondanti e molto saporiti che ci hanno fatto sentire davvero a casa. Immancabile la frittura mista con calamari, merluzzetti, triglie e gamberetti.
Ci spostiamo a Monopoli in compagnia della local Marianna Iodice.
A rapire subito il nostro sguardo è Cala Porta Vecchia, la caletta dei monopolitani in cui si ha la parvenza di avere il mare in città. Da questa stessa piccola spiaggia sabbiosa, nel centro cittadino, si possono ammirare le mura fortificate cinquecentesche e il museo di artiglieria. Continuiamo a passeggiare e ci imbattiamo in qualcosa di maestoso, impossibile non notarlo.
Si tratta del castello di Monopoli che si erge sulla striscia di terra più avanzata rispetto al mare e rientrava nel sistema di fortificazione costiera che desiderò Carlo V in Puglia. Proseguendo, palazzi storici, archi, fino a giungere in Piazza Palmieri, un gioiellino in cui il tempo sembra essersi fermato.
Per la cena, ci spostiamo nella Valle d’Itria, in uno dei borghi più belli d’Italia, Locorotondo per l’esattezza, il cui stesso nome ci suggerisce la sua forma tondeggiante. Le prime casupole del villaggio furono edificate su un altopiano addossate le une alle altre, a pianta circolare circondando quella terra strappata a boschi di querce per renderla coltivabile e fertile. Locorotondo, patria di un ottimo vino bianco Doc fa parte anch’essa della famigerata strada del Vino che taglia la valle ormai nota per le sue ricchezze gastronomiche. Pavì con vista panoramica ci attende con specialità pugliesi di mare e terra, vini e birre pugliesi. Potevamo desiderare di meglio per cena?
ALBEROBELLO – LOCOROTONDO – CISTERNINO (4° giorno)
Nel luogo simbolo per eccellenza della Puglia siamo in compagnia della local Eligia Napolitano, che ci illustra la storia di Alberobello. La costruzione unica al mondo del trullo ha origine preistorica ma i trulli più antichi che troviamo oggi ad Alberobello risalgono al XIV secolo, periodo in cui la terra che appariva ormai disabitata fu assegnata al primo Conte di Conversano da Roberto d’Angiò, principe di Taranto e poi re di Napoli. I trulli erano case utilizzate dai contadini che sfruttavano la fertilità del territorio strappato al bosco. Per non pagare il dazio spagnolo il Conte di Conversano impose di realizzare le dimore dei contadini con pietre calcaree unite a secco che dovevano essere distrutte in caso di controlli da parte degli ispettori spagnoli. Giangirolamo il Guercio, uno dei conti più crudeli, esasperò la situazione portando, nel 1797, sette uomini di Alberobello, conosciuti come “i sette liberatori della Selva”, a chiedere al Re Ferdinando IV di Borbone la liberazione del feudo dal Conte di Conversano. Da quel 24 maggio i trulli restarono in piedi in modo stabile e costante. Vivere in un trullo prima che Alberobello fosse considerato patrimonio dell’Unesco era un motivo di vergogna e indice di povertà…
Tante le caratteristiche e le leggende popolari nate attorno queste abitazioni caratteristiche, come quella sul trullo siamese che è un vero e proprio “trullo doppio”. Presenta due ingressi, uno per ogni trullo, si affaccia su due strade differenti.
Si narra questa storia nel paese: due figli ereditarono dal padre l’abitazione, finché a causa di una giovane di cui si innamorarono entrambi ci fu uno scandalo amoroso. I due fratelli, decidono che per continuare la convivenza, il trullo doveva essere diviso.
Il luogo comune ci porta a collegare i simboli dipinti sui trulli a magia ed esoterismo ma non era proprio quello il motivo della loro nascita. Il primo simbolo realizzato sui trulli fu fatto in onore di Mussolini. Gli alberobellesi in vista di una sua visita istituzionale, pensarono che avrebbe potuto leggere la scritta “Viva il duce” realizzata sui coni dei trulli. Il duce cadde, la visita non si tenne più e questi simboli furono trasformati o cancellati. Un altro simbolo ricorrente che salta ai nostri occhi è la presenza di una vite davanti a molti trulli. In questo caso si tratta di un simbolo di buon auspicio.
Ricordiamo che la Chiesa di Sant’Antonio, è l’unica al mondo a forma di trullo.
Di non minore importanza è però la Chiesa dei Santi Medici, fulcro della storia religiosa di Alberobello. Frutto di diversi rimaneggiamenti, adesso si presenta prevalentemente neoclassica. Da poco più di due secoli accorrono in massa i fedeli, il 27 e 28 settembre, che vengono in pellegrinaggio per omaggiare i vari miracoli compiuti dai due santi.
Ritorniamo a Locorotondo, questa volta assieme al local Antonio Pagnelli che ci conduce a pranzo alla Pizzeria Casa Pinto, dove l’accoglienza della location nel centro storico, la cordialità del personale e la buonissima pizza sono una combinazione vincente di questo particolarissimo locale. Affettati, formaggi, verdure di stagione e conserve tipiche di Puglia con un’ attenzione particolare alla pizza dall’impasto soffice e leggero.
A questo punto ci manca ancora una chicca della Valle d’Itria, sicuramente avete capito che mi riferisco a Cisternino che visitiamo con la local Benedetta Loconte che ci attende sul “Ponte della Madonnina” che prende il nome da una statua sottostante. Questo è uno dei punti panoramici più carini del borgo, da cui ammirare la Valle d’Itria e le mura di cinta del borgo risalenti al periodo medievale. Il ponte è situato a metà strada tra due chiese importanti, la Chiesa Matrice dedicata a san Nicola di Bari e la Chiesa di San Quirico, patrono della città. Entrando nel borgo antico scorgiamo una delle due torri angioine sopravvissute lungo la cinta muraria, Torre Amati inglobata attualmente nell’omonimo Palazzo. Originariamente le torri erano ben dieci.
Finalmente si cena… Bombette!
OSTUNI – LECCE (5° giorno)
Il sole ci rivela in tutto il suo candore la bellezza e lo splendore di Ostuni con ape calessino Alessandro e Angelo.
Sapete a cosa si deve il tipico colore della calce bianca delle abitazioni che ha fornito l’epiteto alla città? Era usata già nel Medioevo, un po’ perché era un materiale facile da reperire ma anche perché conferiva luce ai ristretti vicoli del centro storico. Nel XVII secolo il dramma della peste che colpì la zona risparmiò “la Città Bianca” grazie proprio all’uso di imbiancare le case con la calce, un vero e proprio disinfettante naturale.
Perdendoci tra i vicoli del borgo antico, ci imbattiamo nella bottega del maestro Croci Sisinni. Qui abbiamo la fortuna di ammirare i suoi stupendi lavori, realizzati con una tecnica personale ed esclusiva di pittura su lastre bianche di pietra locale. Portarsi a casa una creazione del maestro equivale a portare con sé un pezzo di Ostuni.
Dopo tutti i sali scendi tra scroci incantevoli ci spostiamo per pranzo nell’elegante Masseria Il Frantoio. Suggestiva e strategicamente perfetta la location che è non lontana dal mare ma al fresco della campagna in luogo tranquillo e ameno. I proprietari, cordiali ed appassionati, mettono a proprio agio gli ospiti con classe e discrezione. Cucina di qualità con materie prime semplici ma ricercate, come vuole la tradizione pugliese, con possibilità di acquisto in loco.
Ci dirigiamo verso la culla del Barocco, capoluogo del sempre più rinomato Salento. Con un pizzico di nostalgia giungiamo quasi al termine della nostra avventura, alla scoperta della bellissima Lecce. È come trovarsi in un museo a cielo aperto dove ammirare uno stile unico nel suo genere, il famoso Barocco Leccese.
Abbiamo visitato La Dispensa, un negozio “di vicinato” che si allontana dalla grande distribuzione ma richiama le antiche botteghe di un tempo. Imballaggi minimizzati, prodotti alimentari e per l’igiene sfusi e alla spina selezionati con cura e attenzione e un piccolo angolo caffetteria, per la degustazione e la sperimentazione dei sapori, ci fanno riscoprire il piacere dell’acquisto lontano dai rumorosi centri commerciali.
Ci spostiamo nel cuore del centro storico della città per far visita ad un altro artista, il cui laboratorio è situato a pochi passi da Piazza S. Oronzo. Il professor Mario Di Donfrancesco, da quasi 40 anni dirige il laboratorio di statuaria sacra e restauro della cartapesta “La bottega dell’arte”. Numerosissime le opere restaurate e di nuova fabbricazione che sono sparse non solo in Italia ma anche a Malta, in Germania, negli Stati Uniti, in Francia, e nel Vaticano. Mario con passione ci racconta le lontane origini di questa arte, fenomeno tipicamente leccese. Tra il XVII e il XVIII secolo, l’arte si sviluppò alla crescista rapidissima di chiese e di monumenti, proprio allora gli artigiani leccesi, che non disponevano di materie pregiate, scoprirono l’arte di plasticare la carta utilizzando proprio altre materie “povere” come paglia, stracci, colla e gesso, e pochi attrezzi. L’ingrediente fondamentale resta la pazienza, il temperamento e l’estro creativo dei maestri cartapestai.
Il viaggio non è ancora terminato ma prima di visitare l’ultima meta di questo tour ci fermiamo per la cena nella Trattoria Le Zie, qui possiamo gustare la migliore cucina casereccia salentina in un locale intimo e accogliente dove i piatti sono preparati con passione e amore, immancabile l’assaggio della conosciutissima Ciceri e tria.
UGENTO – GALLIPOLI (6° GIORNO)
Giungiamo così al termine del nostro breve ma intenso viaggio alla scoperta della Puglia, Terra ricca di storia, colori, odori ma soprattutto sapori, i sapori veri quelli genuini che ci offre spontaneamente la terra. Visitiamo, infatti, un’azienda ad Ugento, nel profondo Salento, dove rispetto è la parola d’ordine per chi lavora e si occupa della terra e degli ortaggi che vengono poi conservati con metodi tradizionali e naturali. Parliamo de “i Contadini” il cui successo è legato alla filosofia del mangiare e vivere sano. Principio che si tramuta nel loro stesso lavoro.
Ci spostiamo nell’ormai rinomata meta estiva di Gallipoli in compagnia della local Eleonora Tricarico. Pranziamo a bordo di una barchetta “La Lampara” in cui ci servono vino e frutti di mare appena pescati. Un “mercato” così caratteristico, colmo di colori, odori e sapori che tutti dovrebbero provare almeno una volta nella vita!
Chi non conosce la Puglia pensa che Gallipoli sia solo ed esclusivamente sinonimo di mare e divertimento. Ma in realtà questo paese sulla costa jonica offre paesaggi naturali e scorci mozzafiato e tanta storia. Partiamo alla scoperta di questi tesori proprio dalla Biblioteca di Gallipoli, una delle Biblioteche pubbliche più antiche del territorio salentino per la provenienza, per la varietà, la datazione dei volumi rari e di pregio e per la peculiarità del suo contenitore che era l’ex Oratorio dei nobili del XVIII secolo). Ci spostiamo poi verso la Chiesa Santa Teresa che dietro una facciata molto sobria nasconde al suo interno un’unica navata in stile barocco mentre sulla porta d’ingresso troneggia la statua di S. Teresa d’Avila.
Un’altra peculiarità è la Cattedrale di Sant’Agata che sorge nel cuore della città. Qui sono le reliquie di alcuni santi, tra cui quelle di San Fausto. In passato i fedeli potevano rivolgere la loro dedica anche alla reliquia più importante per la città, la mammella di Sant’Agata attualmente in custodia della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria a Galatina. Una leggenda lega ad un miracolo la presenza della reliquia a Gallipoli, secondo la quale l’8 agosto del 1126 sant’Agata apparve in sogno a una donna avvertendola del fatto che il suo bambino stringeva qualcosa tra le labbra. La donna svegliandosi ne ebbe conferma ma non riuscì a far aprire la bocca a suo figlio. La donna si rivolse al vescovo, dopo numerosi tentativi, che recitò una litania invocando tutti i santi e, solo quando pronunciò il nome di Agata il bimbo aprì la bocca da cui venne fuori una mammella, proprio quella della Santa.
Il nostro tour si conclude con la visita a casa del Sig. Luigi che realizza nasse. Ci soffermiamo a parlare con lui mentre è intento a realizzare una cesta o meglio nassa, uno strumento utilizzato per la pesca sin dall’antichità. E così inizia un racconto che sa’ di saggezza e amore, di passione e dedizione. La stessa che dovremmo avere noi quando parliamo delle nostre origini e della nostra Terra.
Foto di Arianna Tempesta
Video realizzati da Alessandro Scaccianoce